Alienazioni padane #28
Deborah fa morire il motore dello scooter, in un attimo il casco bianco è in mano, un adesivo del cane Snoopy ne copre buona parte. Preservava un caschetto di capelli Amelie, dell’attrice le è rimasto appeso anche il sorriso fisso di bambina pulita. Sfoglio impacciato un giornale le cui pagine sfuggono ad ogni controllo, sfoglio le pagine a ritroso perché leggo solo le pagine che parlano di spettacoli che non andrò mai a vedere e quelle che riguardano gli sport minori, gli unici che ho praticato in quanto minorato.
Caffè d’orzo e croissant alla marmellata perché vuoti non li tengono? speriamo che sia una marmellata fatta con frutta di coltivazione biologica, lo dice davvero scuotendo il caschetto, lo dice a quello scoglionato del barista che non alza nemmeno gli occhi pesti con la sua espressione ebete. Spero per lui che sia fatto di eroina, lei cerca il portafoglio nello zainetto infestato di scritte.
Le scritte non richiamano messaggi politici o divi del mondo della musica e dello spettacolo, il genere du idiozie da condividere con la massa degli altri coetanei. Sono messaggi strettamente personali lasciati da ragazzi con i quali ha condiviso amicizie intime o amori. O da amiche del cuore, quelle a cui si confidano gioie e delusioni, mestruazioni e aspirazioni. Nulla dalla madre sostituto procuratore col nome di donna.
E’ leggermente strabica, cerca i soldi al centesimo per non dare al barista il fastidio del resto.
… ecco li ho… trovati, trovati, tenga, tenga.
Il sorriso non le scappa mai dalla bocca, cazzo non è una fica, è una pubblicità del Mulino Bianco, richiudo in fretta il giornale, prendiamo la porta all’unisono e la centro in pieno, i libri e i quaderni che non stavano dentro lo zainetto le esplodono in mano, mi scusi-mi scusi, la guardo mentre li raccoglie a carponi sul pavimento, ancora piegata alza gli occhi verso di me, mi guarda da miope e io non trovo di meglio che farle BUH! SONO LO GNOMO PICCINA. CI RIVEDREMO STAI CERTA. Ma non aveva capito nulla, le si era disegnato un grosso punto interrogativo sulla testa, gli occhi le si erano annodati sempre di più perché io mi ero fatto piccino piccino. Dolce Bimba Fumetto, gli gnomi fanno uno stridulo frinire incomprensibile agli umani, anche alle bimbe-fumetto. Il barista mi urla dietro qualcosa, ma io sono già in altro luogo, dove i baristi scemi non arrivano e poi avrebbero accettato come pagamento dei talleri di sughero del bosco… non ne dubito.
Era stato sufficiente mettere il frinire a trentatré giri, poi non era stato difficile per un bimbetto gnomo caricare la bimba fumetto sull’automobilina tondeggiante targata Topolinia ’88 color adolescenza. La conversazione scivolava dolce e senza imbarazzi adeguandosi al profilo delle prime colline. Si disquisiva amabilmente sul carattere bizzoso delle fate della foresta di Paimpont e sulle variabili dello zucchero filato. Solo a parlar di zucchero filato, torroni e mandorle caramellate alla Bimba Fumetto si erano disegnati sulle gote due cerchi rosso passione disegnati col compasso e il sorriso si era dischiuso ancora di più. La macchina era invasa da coccinelle e farfalle dai colori indefinibili che si posavano dispettose sulle punte dei nostri nasi. In un paese fortificato poco più in là bancarelle di dolciumi, castagnaccio, artisti di strada, disfide cavalleresche, un Principe biondo e timido che cercava moglie. Bimba Fumetto avrebbe potuto concorrere alla gara delle torte, in palio c’era il posto da regina, le avevo dettato la ricetta della Torta Angelica disposta su due piani.
Il segreto era non far perder la consistenza al pan dorato e non far crepare la glassa di amore eterno. Facile a dire…
Perché? Pare sia la prima parola che ti crepa il cervello. Perché… Perché proprio lei. Perché proprio io. Perché noi. Odore di sottobosco, funghi, muschi, foglie umide a macerare e sangue di Bambina Fumetto, l’odore è aspro, ma buono. L’autunno è la stagione dei boschi, del nostro appennino dolce.
Casa Cavallina dice l’indicazione giù di sotto appena lasciato Piancaldoli, già sotto Firenze, le tagliate di carne sono già alte, il pane insipido. Perché. Un caschetto di capelli esce a ventaglio dal mucchio di foglie che ricopre il corpo. Perché devastarle il viso asportando le guance con perizia da chirurgo. Impiastricciarle il seno di caramello e zucchero a velo. Perché. A dare disposizioni ai carubba assonnati c’è l’uomo distinto con lo zigomo tirato e le argomentazioni brillanti, serra i pugni, le nocche diventano bianche, la mano destra è sporca, ha sferrato un pugno a un grosso albero che non si è fatto intimorire e non ha rivelato il mio rifugio. I rifugi degli gnomi. Dà ordini secchi, la voce si fa dura proprio quando la sua confusione e il suo dolore aumenta. E’ quasi figlia sua, prima o poi si sarebbe messo con la donna con le palle.
Lei adesso sta seduta, si tiene il grembo e ondeggia avanti e indietro il capo. PERCHE’PERCHE’PERCHE’PERCHE’… non le esce altro mentre srotola il braccio a un’iniezione di Valium.