PASSATO E PRESENTE FUTURIBILI (Hichame #1)
Lo confesso, non è sempre facile trovare spunti per scrivere una articolo ogni mese sulla corsa. Questa rubrica nasce dal web, sarebbe una indagine sul nostro sport a partire dalle tracce rilevabili in rete e raccolte su Facebook. Quindi quando come al solito sono vuoto di idee inizio a scorrere la Home e setaccio disperato. Non sempre sono fortunato. A volte sono esausto e mi dico basta, basta: corriamo, vinciamo, perdiamo, ci infortuniamo, gioiamo, disperiamo, facciamo un medio, facciamo le ripetute, un lunghissimo, stiamo bene, fatichiamo, vinciamo la categoria, non la vinciamo, guardiamo quelli più forti, quelli fortissimi, gli africani, mettiamo una foto in gara dove siamo venuti decentemente. In sostanza visiono la vita degli altri, mi faccio i fatti vostri. E a volte non trovo il lancio per iniziare a scrivere. Come mi sta succedendo ora.
Ma non ho mai pensato di farmi i miei di affari. Cosa scrivo, cosa metto, che link condivido io sulla corsa nella mia pagina di Facebook? Beh, le solite cose, attualità, risultati importanti, quello che mettono tutti gli appassionati. Ma la cosa che ho notato è che metto quasi sempre foto e riferimenti quasi archelogici, tipo una fantastica foto in bianco e nero dei campionati italiani di cross del 1974 a Monza, in mezzo al nulla un signore col cappotto segue il passaggio dei migliori: Lauro, Cindolo, Fava, Cantoreggi, Bassi, Bigatello. Insomma guardo molto indetro, cerco di ritrovare non quegli atleti baffuti oggi nonni, ma quel bambino che iniziava ad appassionarsi all’atletica. Tutti vorremmo questo, tutti almeno dovremmo salvare quel cinno (bambino in bolognese) che guardava tutto con stupore, senza il disicanto delle troppe informazioni, di quel ronzio infinito dove tutti hanno voce, dove tutto è davvero importante perché nulla lo è. Foto vecchie, classifiche antiche, nomi che si perdono, tempi ineguagliabili in Italia per i nostri anni sorridenti e tapasciati. In questo su Facebook sono gran cerimonieri Antonio Ibba e Augusto Vancini, collezionano da decenni riviste, anche questa su cui scrivo, poi fotografa una pagina, qualche foto, la classifica e le condivide scatenando ondate emotive inarrestabili.
Poi c’è il presente futuribile, un tempo composto inesistente, esiste solo nel mio cervello, riguarda atleti giovani di belle speranze, le prestazioni del presente dovrebbero essere un trampolino verso un futuro solido da costruire. Sulla mia bacheca di Facebook, domenica 12 febbraio in serata metto il video della Fidal Marche, è una finale dei mille metri indoor categoria Allievi ad Ancona, otto ragazzi per venti curve e venti rettilinei cortissimi. Un ragazzo romano, Francesco Guerra, nato nel 2001 (notare quanto siano lontane le date che ho messo fin’ora) a trecentocinquanta metri dalla fine rompe gli indugi, rischia e parte di forza. Dietro è una bagarre che si accende forse troppo tardi, per il secondo posto la spunta Hichame Jarine una ragazzo del mio paese che ho visto crescere e che già da Cadetto si era laureato vice campione italiano, già correva i mille in 2’35 e da Allievo si era già confermato con 1’55 negli ottocento. Con lui ci faccio qualche medio, o meglio, io li definisco medi, per darmi un tono, in realtà per lui stanno inesorabilmente scivolando verso il lento e per me verso il passo gara, buttiamo su qualche chilometro, chi lo allena è contento, per me è una sorta di vanto, un’illusione di prestanza fisica protratta a dispetto dell’età, per Jichame boh, parla poco, e per rispetto non va mai a tirare durante queste uscite, è una giornata di vacanza attiva tra una seduta di ripetute veloci e una di ripetute più lunghe. Io sarei più cattivo, correndo con un vecchio cercherei di tirare fino a farlo infartuare, o comunque di correre a un ritmo per il quale gli fosse impossibile parlare, raccontare di fasti passati e altre amenità.
L’archeologia e il futuribile, io sto in mezzo,è una bolla, alla mia età non si sa dove guardare, si diventa strabici, non sapresti dire se sei sazio o hai ancora fame di vita, sai che imitare la giovinezza sarebbe controproducente, grottesco, rassegnarsi non se ne parla, la vicchiaia va posticipata, imbrogliata, ripetute in pista e torni ragazzino, è una fatica indicibile, le crisi di tosse fino al vomito ti strozzano, ma sei vivo, ancora vivo. Samantha Leone, una che su Facebook di aforismi ne azzecca, scrive che Riconosci quelli della mia generazione perché hanno più T-shirt nell’armadio che giorni ancora da vivere, con quel pizzico di pessimismo amaro che a me piace, perchè dovrebbe fungere da esorcismo contro guai grandi, quelli come me se avessero tenuto tutto l’abbigliamento per la corsa potrebbero fare un mostra della Memoria, le prime Valsport a suola bassissima, leggerissime, la tuta blu profondo con le quattro righe bianca (una sottomarca che imitava a basso costo un famoso brand francese), i pantaloncini di raso (che fine ha fatto il raso?), insomma, sono più i capi tecnici che ho acquistato rispetto a quelli che acquisterò.
Hichame curiosamene corre in gara con pantaloncini larghi al ginocchio e una maglia mezze maniche pure larga, niente canottiera e tessuti tecnici, corre “antico” a dispetto dell’età. Io gli chiedo Perchè, perchè sei intappato come facessi un aperitivo in spiaggia? Lui non mi risponde e sorride, sa bene che sono le gambe che devono girare, come lo so io. Io fin che riuscirò ad accompagnarlo lo farò, fra poco riuscirò a tenere solo il riscaldamento e il defaticamento. Ma sarò lì, fino a che potrò. Non in eterno, si sa.
Come diceva Pierangelo Bertoli in quella canzone? Con un piede nel passato…