IL DEMONE DELLA CORSA*

Stefano Frascoli è tra gli amministratori della pagina Facebook denominata La gang degli atleti disagiati, pagina con oltre 123 mila iscritti, lancia e rilancia temi legati al nostro sport. Il taglio è sempre ironico e su queste pagine ne ho già parlato. Poi Frascoli pubblica libri, ad oggi un paio, l’ultimo che ho tra le mani e appunto Il demone nella corsa. Pimo rilievo, in questi libri sparisce completamente qualunque leggerezza, l’atletica diventa una sorta di religione, qualcosa che va a testimoniare, se praticata in coscienza, una pulizia d’animo e un rigore degni di un monaco tibetano. L’impegno e il sacrificio “purificano” e allontanano i pensieri dagli umani affanni quotidiani. Le endorfine come mezzo per arrivare all’ascesi. Se l’aspetto ludico della corsa è ignorato, entra invece in campo una narrazione fantasy che a volte spiazza, misteri e leggende si intersecano con le fatiche molto concrete che ben conosciamo tutti, roba come la sofferenza delle ripetute in pista e i risultati che non sempre arrivano deludendo le nostre aspettative. Non è sempre facile nella scrittura tenere salda la dimensione fantastica, al lettore si chiede un atto di fede, deve essere trasportato in una dimensione che non tutti sono disposti a frequentare, ma Frascoli riesce quasi sempre nel miracolo, anche perché in molti racconti è proprio l’io narrante il primo a essere scettico, quindi partono una sorta di indagini, come se Dylan Dog fosse anche un corridore di medie e lunghe distanze.
Frascoli è un buon mezzofondista e tra i racconti migliori di questa antologia uno è appunto dedicato a una delle più classiche tra le distanze del mezzofondo, i millecinquecentometri, gara che appunto frequenta e ben conosce. Nel racconto a ogni passaggio l’atleta in sofferenza lattacida ha pensieri sempre più ostili che lo portano fuori dalla pista, alla vita quotidiana.
Eccoti ora al passaggio ai cinquecento, ed ecco spuntare dal nulla le vacanze, le spiagge, gli ombrelloni colorati, l’estate che non conosce fine. Da troppo tempo non appoggi un piede sulle calde sabbie del mare.
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Ai novecento invece ci sono il lavoro, l’università, i tuoi doveri. Anche loro hanno qualcosa da rimproverarti
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Ai milleduecento c’è un viso d’angelo: è lei, la ragazza che amavi. Tende la mano verso la tua fronte sudata, ma… hei, un momento! Tu l’amavi, certo. Ma lei amava te?
Sono i dubbi che ti salgono al cervello, come l’acido lattico alle gengive. E non sempre il mondo sembra riconoscere il nostro valore, il nostro sacrificio, tutto va in dispersione, ci sono piccole delusioni: manca un secondo per il minimo dei Campionati italiani assoluti, le ragazze che fanno gli esercizi a bordo pista non sono affatto attratte dall’intensità dei nostri sforzi, un atleta non esce dalla dimensione delle corse podistiche locali impantanato nella sua mediocrità.
Una delle fissazioni di Frascoli, una delle tante, sono gli stage, i raduni collegiali nei mesi estivi nelle località montane. Avere delle ossessioni è una buona cosa per chi scrive libri, credetemi, aiuta ad uscire dal banale, a concentrarsi su dettegli che spesso sfuggono, trovare un punto di vista straniante rispetto a fatti che appaiono molto semplici e meccanici. E cosa appare più semplice e automatica della corsa?
Frascoli descrive bene sciami di giovani atleti che sembrano turbare la grande Natura che si fa matrigna in molti dei racconti, ragazzini inquieti e chiassosi sempre attaccati agli smartphone che non hanno lo stesso attaccamento alla disciplina del personaggio al centro delle storie. Le catene montuose, pur magnifiche, spettacolari, incombono minacciose sugli allenamenti e sui giovani atleti distratti dagli ormoni e dalla superficialità dell’adolescenza, ma l’io narrante non è disposto a perdonare nulla, è un giudice spietato, quasi un inquisitore.
Per molti quelle “vacanze” particolari rimarranno un lontano ricordo, un po’ come le colonie estive, sappiamo bene della dispersione dei giovani nel nostro sport, molti campioncini di categoria non arrivano vincenti a livelli assoluti. Spesso non arrivano proprio. A volte la scrittura di Frascoli sembra appesantita da termini un po’ desueti, ma pare una scelta, come se non ci stesse bene nel presente e avesse preferito vivere altre epoche, ere di leggende ed Eroi. O almeno un tempo senza wi-fi sopra i millecinquecento metri di altitudine.
*Articolo già uscito sulla rivista Correre