AMATORE O ASSOLUTO?

Credo sia sempre meglio partire dal vocabolario per orientarsi, soprattutto quando ci sembra inutile in quanto ci pare di avere dimestichezza con la parola, insomma soffermarci sui basilari, e il vocabolario così recita:
AMATORE: Chi si diletta di qualcosa o ha inclinazione per qualcosa.
Negli anni Novanta a volte guardavo un po’storto certi atleti tesserati Assoluti che viaggiavano più o meno sui miei ritmi, in verità piuttosto mediocri, con il risultato che spesso li vedevo naufragare nelle retrovie nelle fasi regionali dei campionati di società di corsa campestre. Guardavo la loro prova con tenerezza e stupore, io avevo già fatto la mia gara riservata agli atleti tesserati Amatori (nel paleolitico esisteva addirittura l’AM20), e mi chiedevo perché? Perché auto infliggersi quella umiliazione, perché confrontarsi con quei missili e su una distanza ancora più lunga e che nel cross poteva farsi tortura specie se il terreno era pesante, perché quell’inutile supplizio, soprattutto tenuto conto che i primi della mia gara viaggiavano sotto i 31’ sui diecimila nella stagione estiva. In realtà mi chiedevo anche perché gente che andava oltre i 19 chilometri nell’ora in pista (gara preistorica, al tempo di un certo rilievo) non erano tesserati Assoluti. Forse appunto per fare gare là davanti al gruppone, in testa, e non nella pancia del plotone. Ecco io forse correvo piano perché mi facevo sempre troppe domande. Inutili del resto. Io mi sarei tesserato Assoluto solo in virtù di determinate prestazioni da me lontanissime, però ammetto che al tempo dava un certo prestigio quell’identificazione sul tesserino Fidal che veniva presentato all’atto dell’iscrizione. Incuteva rispetto e timore, era densa di significato. Le parole sono importanti.
Però la Federazione non è che diceva: NO, tu vai troppo piano, sei una pippa, non te lo meriti il termine ASSOLUTO, ma nemmeno diceva ad un altro atleta: NO, tu sei forte mascherina, ti conosciamo, AMATORE un accidente… come sempre siamo parlando di identità dell’atleta, in questo caso di certificazione, che però è sempre stata lasciata libera. Libero arbitrio. Insomma, in quegli anni qualcuno parlava di ranking come progetto, ma nulla, troppo anarchico il sistema corsa, dispersivo, e tutto è rimasto così, ancora oggi. Ma dobbiamo tornare al vocabolario, con un termine di uso un po’ meno comune.
ASSOLUTO: Che non ammette limitazioni, restrizioni o condizioni relativamente a sé stesso, alla propria volontà o alle proprie attribuzioni: potere a.; sovrano a., che regna in un clima di assolutismo, despota, tiranno; giudizi troppo a., eccessivamente severi, perentori.
Vabbè, roba grossa, bello davvero fregiarsi di questo aggettivo, da farselo tatuare. Quelli volteggiano liberi negli spazi siderali, a tre minuti a chilometro e ci guardano da lassù, guardano noi piantati sempre, nel tartan, nell’asfalto, sull’erba. Però tornando all’Amatore va ribadita la seconda definizione, che non è certo di poco conto, anzi, ad essere concreti è il vero punto centrale:
Nello sport, dilettante.
Ecco, e noi si sport si parla… per quanto ci giriamo attorno, all’Amatore dovrebbe contrapporsi il professionista, e non starò di nuovo a tediarvi con il vocabolario… ci siamo capiti vero… Io non so se oggi ha ancora senso adottare queste due distinzioni, ovvero siamo praticamente tutti Amatori a fronte di un manipolo di atleti, pochissimi, rarissimi, assolutissimi, e quasi tutti appartenenti a gruppi sportivi militari. Ma non è solo questo, al di là della questione reddito, va ribadito che il calo storico delle prestazioni (e sempre su quel discorso si finisce, maledizione) ha spazzato via quella classe medio alta che viaggiava in un limbo fatto di rimborsi spesa delle società e di qualche premio in denaro che ti regalava uno stato di nobiltà riconosciuto, anche se non una sicurezza economica eterna, meglio certo guardarsi intorno e continuare soprattutto con gli studi, ricordo gli anni gloriosi dei Centri Sportivi Universitari, ottimi atleti in quella terra di mezzo.
Sarà, ma io ho voglia di tesserarmi Assoluto, un anno, l’ultimo.
Articolo già uscito sulla rivista Correre