LE VARIAZIONI DI PAOLO DONATI

Per capire quanto sia fuori dal comune la storia atletica di Paolo Donati basta considerare che da un titolo italiano, il primo da junior sui 1500 metri, all’ultimo, Master 60 nell’anno di cross nell’anno in corso ad Aviano, sono passati la bellezza di quarantuno anni, e proprio muovendosi da questo dato non resta che indagare su quello che è successo dal 1981 al 2022, vanno raccolti elementi per le indagini, e magari certe indicazioni possono essere utili per altri atleti alla ricerca della longevità ad altissimi livelli, ma non è detto, visto che ognuno di noi deve imparare ad ascoltarsi e non tutti siamo nati con le sue qualità.
Intanto diciamo subito che oggi Donati non corre tutti i giorni, corre circa duecento chilometri al mese, e non si danna dietro ad ogni sportina alimentare domenicale, non è bulimico di gare, anche in età giovanile non era tipo da carichi di lavoro mostruosi, alla gara gli piaceva arrivare relativamente “fresco”, nei primi mesi del ’95 forse a causa di un mancato recupero manca la qualificazione per il Cross delle Nazioni e vira sulle gare su strada primaverili con un’ottima Stramilano e una vittoria a sorpresa alla Scarpa D’Oro di Vigevano davanti a Gennaro Di Napoli che appena tre settimane prima aveva vinto un titolo mondiale sui 3000 metri indoor. Donati era uno che sapeva sorprendere: già nel 1984 in un cross regionale lombardo Francesco Panetta e tutta la brigata Pro Patria scendono per un test in previsione di una grande stagione invernale, ma la stoccata quel giorno è di Donati in condizione perfetta che mette in fila tutti per poi prendere un minuto e mezzo dallo stesso Panetta al Campaccio appena tre settimane dopo, perché l’atletica è così, giorni di grazia e giorni di mazzate che fanno crescere. Forse un rammarico: non sempre ha raggiunto il picco di forma al momento giusto. Nei primi anni di carriera il fattore psicologico stava dando grossi problemi: negli ultimi giorni prima di una gara importante sopraggiungeva una sorta di svuotamento psicofisico che ne limitava i risultati, nessun problema se la gara era di livello regionale a inizio stagione e da gestire in solitudine quasi come un test di allenamento, se la pressione era minore i miglioramenti parevano inarrestabili, poi qualcosa si rompeva quando si dovevano raccogliere i frutti nelle manifestazioni più importanti, quelle col bollino rosso sul calendario. Non è stato facile uscire da questo condizionamento mentale che ha limitato soprattutto gli anni giovanili, ma una volta identificata la “malattia” dal suo primo tecnico, Carlo Venini, in qualche modo è stata “curata”, in un primo tempo semplicemente avvertendolo solo all’ultimo momento di un appuntamento agonistico, ma la soluzione definitiva è affidata all’atleta che deve in prima persona attivarsi e trovare le uscite di emergenza.
Oggi Donati corre a giorni alterni, sperimenta su sé stesso strategie che poi ha trasmesso anche ad altri visto che è stato anche preparatore atletico di squadre di calcio, e non ha alcuna resistenza verso questo sport, anzi, quando l’afa nei mesi estivi si fa opprimente, anche una partitella e dei palleggi possono rappresentare un buon allenamento.
Non è mai ripetitivo negli allenamenti, può stare sulle gambe anche un’ora e mezza ma sono lavori con molte variazioni, nella stessa seduta ci possono essere ripetute, scalinate, ma anche esercizi di tecnica per mantenere la rapidità che con l’età fatalmente si tende a perdere. Mi racconta che da giovane tutto era più finalizzato, il lavoro sulla parte organica si prendeva il 75% e il 25% era dedicato alla parte muscolare, oggi è un cinquanta e cinquanta, tutto è più libero, seppur ragionato, tutto all’insegna delle variazioni su un unico tema: invecchiare con lentezza e senza angoscia.
Cerco di capire cosa è cambiato nei lavori con il passare del tempo e con mia sorpresa mi rendo conto che è come se avesse tolto qualità (come ovvio…) e aggiunto complessità, ho anche difficoltà a comprenderle certe uscite, la composizione di certi allenamenti pare una espressione di algebra. Ci rinuncio, non è il mio pane e poi non voglio dare suggerimenti ai suoi avversari over sessanta! Tiene da sempre diari scritti a biro aggiornati, gare e allenamenti, sensazioni, iniziano ad essere molti gli atleti che ho intervistato e che hanno questa meticolosa modalità di controllo sulla propria attività nel tempo.
Donati è felice che la sua nuova società, la Daunia Running, gli regali nuovi stimoli visto che si pone tra le compagini più agguerrite del panorama Master (terza società ad Aviano nel cross), e non è certo tipo da non reggere pressioni e attese, al telefono ha una “erre” da comico milanese dei tempi del Derby, una cantilena che trasmette serenità e precisione, la leggerezza un po’ ingannevole di uno che poi in realtà non perdona in gara nemmeno oggi, ma che non deve dimostrare più nulla a nessuno.
Donati ha vissuto da protagonista la grande atletica lombarda di qualche decade fa, da giovanissimo fu seguito fino al 1984 alla Pro Sesto Atletica dal mitico
dal passato partigiano, personaggio di stampo antico ma innovativo nelle scelte tecniche, solido nei valori umani, uno che meriterebbe non un articolo a parte, ma forse un film, e che aveva tirato su atleti come Francesco Bianchi, Antonio Ambu, Gianfranco Sommaggio, solo per citarne alcuni edimenticarne colpevolmente tanti altri.In seguito, passa alla Snia di Milano sotto Veneziano Sebastiano per un paio di anni, poi all’Aeronautica e alle Fiamme Gialle con Andrea Bartoli, spesso alternando attività atletica e servizi come finanziere anche con turni notturni.
Nei primi anni Novanta arriva alla corte di Giorgio Rondelli insieme a Umberto Pusterla e Vincenzo Massimo Modica, singolare quindi la formazione: Donati Fiamme Gialle, Pusterla Carabinieri e Modica Fiamme Oro, insomma durante quegli allenamenti infernali erano presenti tutte le forze dell’ordine ai comandi di Rondelli. Donati mi manda una foto con i suoi personali scritti diligentemente su un foglio a quadretti grandi che rimanda a un altro tempo, nostalgia del grembiulino azzurro e delle scuole a parte, i tempi segnati che mi colpiscono sono tre: 7’53”4 sui 3000 metri, 13’26’4 nei 5000 metri e 28’06 nei 10000 metri e con questo motore naturalmente si è regalato un titolo italiano assoluto sui 10000 metri nel 1992 a Bologna e che chi sta scrivendo questo pezzo vide dagli spalti.
Dal 1995 dopo quattro allenatori così importanti decide di allenarsi da solo e tutta questa esperienza a breve sarà messa a servizio dei giovanissimi della Riccardi Milano, da fine aprile sarà il tecnico dei Cadetti all’Arena di Milano.
Singolare anche un episodio lontanissimo e che mi narra in terza persona, come fosse conscio che certe giornate segnano la propria vicenda personale ma anche la Storia di uno sport talmente semplice da risultare in realtà complicatissimo: è il 1982, Donati è giovanissimo, fresco campione italiano junior dei 1500 metri, su distanze lunghe vanta solo un discreto 18 chilometri e 800 metri nell’Ora in pista organizzata dalla Road Runners Milano, ma in accordo con il suo allenatore decide di “infilarsi” quasi da clandestino nel ventre della Maratona d’inverno a Monza per effettuare un test sui venti chilometri senza nemmeno curarsi di iscriversi e senza maglia sociale. Sarà poi un giudice zelante a interessarsi della sua presenza a intimargli l’iscrizione, il pettorale gli arriverà già in corsa dopo un inseguimento in bicicletta, pettorale che Donati reggerà in mano per l’intera gara, venti chilometri consumati in un incoraggiante 1’02”35 ma con un consumo di energie che lo segnerà per diversi mesi rallentandogli i miglioramenti attesi. La maratona intera quel giorno fu vinta da Giuseppe Moretti, ma quella fu una giornata di svezzamenti illustri: lo junior calabrese appena arrivato al nord Francesco Panetta corse la mezza maratona dimostrando qualità ed esuberanza, Alberto Cova arrivò brillantemente ai trenta chilometri per saggiare le proprie sensazioni in vista di una carriera da maratoneta che non giungerà mai a compiersi. Anche per Paolo Donati l’approdo alla maratona non arriverà mai. La maratone non l’ha mai attratto veramente, per almeno un paio di ragioni: nel mezzofondo prolungato va tutelata sia la velocità che la resistenza e Donati non ha mai voluto mettere a repentaglio le sensazioni forti della prima, nella preparazione della maratona veniva meno la parte quasi “violenta” propria delle corse in pista o dei cross, la seconda ragione va ricercata in un certo timore per l’usura che l’allenamento e la gara stessa potessero minare la cilindrata del suo motore, e posso mettere tra le spiegazioni della sua longevità agonistica e dei pochissimi infortuni, proprio questa scelta, e la scelta è anche quella di non buttarla senza la prospettiva di un buon risultato. Se sforzo prolungato nel tempo deve essere, allora Donati preferisce scarpinare per ore a stretto contatto con la natura, magari in compagnia del figlio e senza l’assillo del cronometro.

Il 22 luglio 1987 è una data storica per l’atletica mondiale: nel corso del Golden Gala il marocchino Said Aouita in cavalcata solitaria diventa il primo uomo a infrangere il muro dei 13 minuti, Donati in quella magica serata è in pista, sarà sesto all’arrivo, quarantanove secondi dietro, è ai trecento metri finali quando Aouita taglia il traguardo e può voltarsi e vederlo da un punto di vista curioso quell’evento straordinario, da testimone di lusso.
Ma l’anno più importante per Donati sarà il 1994: già solidamente alla corte di Rondelli ottiene due maglie azzurre “pesanti” ai primi Campionati europei di cross nel Regno Unito, ai piedi del Castello di Alnwick, splendido maniero che poi diventerà famoso per essere stato utilizzato per le riprese di Harry Potter, e poi in estate agli Europei in pista di Helsinki. Anche Donati ha qualcosa di magico, e la magia continua.
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Per capire quanto sia fuori dal comune la storia atletica di Paolo Donati basta considerare che da un titolo italiano, il primo da junior sui 1500 metri, all’ultimo, Master 60 nell’anno di cross nell’anno in corso ad Aviano, sono passati la bellezza di quarantuno anni, e proprio muovendosi da questo dato non resta che indagare su quello che è successo dal 1981 al 2022, vanno raccolti elementi per le indagini, e magari certe indicazioni possono essere utili per altri atleti alla ricerca della longevità ad altissimi livelli, ma non è detto, visto che ognuno di noi deve imparare ad ascoltarsi e non tutti siamo nati con le sue qualità.
Intanto diciamo subito che oggi Donati non corre tutti i giorni, corre circa duecento chilometri al mese, e non si danna dietro ad ogni sportina alimentare domenicale, non è bulimico di gare, anche in età giovanile non era tipo da carichi di lavoro mostruosi, alla gara gli piaceva arrivare relativamente “fresco”, nei primi mesi del ’95 forse a causa di un mancato recupero manca la qualificazione per il Cross delle Nazioni e vira sulle gare su strada primaverili con un’ottima Stramilano e una vittoria a sorpresa alla Scarpa D’Oro di Vigevano davanti a Gennaro Di Napoli che appena tre settimane prima aveva vinto un titolo mondiale sui 3000 metri indoor. Donati era uno che sapeva sorprendere: già nel 1984 in un cross regionale lombardo Francesco Panetta e tutta la brigata Pro Patria scendono per un test in previsione di una grande stagione invernale, ma la stoccata quel giorno è di Donati in condizione perfetta che mette in fila tutti per poi prendere un minuto e mezzo dallo stesso Panetta al Campaccio appena tre settimane dopo, perché l’atletica è così, giorni di grazia e giorni di mazzate che fanno crescere. Forse un rammarico: non sempre ha raggiunto il picco di forma al momento giusto. Nei primi anni di carriera il fattore psicologico stava dando grossi problemi: negli ultimi giorni prima di una gara importante sopraggiungeva una sorta di svuotamento psicofisico che ne limitava i risultati, nessun problema se la gara era di livello regionale a inizio stagione e da gestire in solitudine quasi come un test di allenamento, se la pressione era minore i miglioramenti parevano inarrestabili, poi qualcosa si rompeva quando si dovevano raccogliere i frutti nelle manifestazioni più importanti, quelle col bollino rosso sul calendario. Non è stato facile uscire da questo condizionamento mentale che ha limitato soprattutto gli anni giovanili, ma una volta identificata la “malattia” dal suo primo tecnico, Carlo Venini, in qualche modo è stata “curata”, in un primo tempo semplicemente avvertendolo solo all’ultimo momento di un appuntamento agonistico, ma la soluzione definitiva è affidata all’atleta che deve in prima persona attivarsi e trovare le uscite di emergenza.
Oggi Donati corre a giorni alterni, sperimenta su sé stesso strategie che poi ha trasmesso anche ad altri visto che è stato anche preparatore atletico di squadre di calcio, e non ha alcuna resistenza verso questo sport, anzi, quando l’afa nei mesi estivi si fa opprimente, anche una partitella e dei palleggi possono rappresentare un buon allenamento.
Non è mai ripetitivo negli allenamenti, può stare sulle gambe anche un’ora e mezza ma sono lavori con molte variazioni, nella stessa seduta ci possono essere ripetute, scalinate, ma anche esercizi di tecnica per mantenere la rapidità che con l’età fatalmente si tende a perdere. Mi racconta che da giovane tutto era più finalizzato, il lavoro sulla parte organica si prendeva il 75% e il 25% era dedicato alla parte muscolare, oggi è un cinquanta e cinquanta, tutto è più libero, seppur ragionato, tutto all’insegna delle variazioni su un unico tema: invecchiare con lentezza e senza angoscia.
Cerco di capire cosa è cambiato nei lavori con il passare del tempo e con mia sorpresa mi rendo conto che è come se avesse tolto qualità (come ovvio…) e aggiunto complessità, ho anche difficoltà a comprenderle certe uscite, la composizione di certi allenamenti pare una espressione di algebra. Ci rinuncio, non è il mio pane e poi non voglio dare suggerimenti ai suoi avversari over sessanta! Tiene da sempre diari scritti a biro aggiornati, gare e allenamenti, sensazioni, iniziano ad essere molti gli atleti che ho intervistato e che hanno questa meticolosa modalità di controllo sulla propria attività nel tempo.

Donati è felice che la sua nuova società, la Daunia Running, gli regali nuovi stimoli visto che si pone tra le compagini più agguerrite del panorama Master (terza società ad Aviano nel cross), e non è certo tipo da non reggere pressioni e attese, al telefono ha una “erre” da comico milanese dei tempi del Derby, una cantilena che trasmette serenità e precisione, la leggerezza un po’ ingannevole di uno che poi in realtà non perdona in gara nemmeno oggi, ma che non deve dimostrare più nulla a nessuno.
Donati ha vissuto da protagonista la grande atletica lombarda di qualche decade fa, da giovanissimo fu seguito fino al 1984 alla Pro Sesto Atletica dal mitico Carlo Venini dal passato partigiano, personaggio di stampo antico ma innovativo nelle scelte tecniche, solido nei valori umani, uno che meriterebbe non un articolo a parte, ma forse un film, e che aveva tirato su atleti come Francesco Bianchi, Antonio Ambu, Gianfranco Sommaggio, solo per citarne alcuni e dimenticarne colpevolmente tanti altri. In seguito, passa alla Snia di Milano sotto Veneziano Sebastiano per un paio di anni, poi all’Aeronautica e alle Fiamme Gialle con Andrea Bartoli, spesso alternando attività atletica e servizi come finanziere anche con turni notturni.
Nei primi anni Novanta arriva alla corte di Giorgio Rondelli insieme a Umberto Pusterla e Vincenzo Massimo Modica, singolare quindi la formazione: Donati Fiamme Gialle, Pusterla Carabinieri e Modica Fiamme Oro, insomma durante quegli allenamenti infernali erano presenti tutte le forze dell’ordine ai comandi di Rondelli. Donati mi manda una foto con i suoi personali scritti diligentemente su un foglio a quadretti grandi che rimanda a un altro tempo, nostalgia del grembiulino azzurro e delle scuole a parte, i tempi segnati che mi colpiscono sono tre: 7’53”4 sui 3000 metri, 13’26’4 nei 5000 metri e 28’06 nei 10000 metri e con questo motore naturalmente si è regalato un titolo italiano assoluto sui 10000 metri nel 1992 a Bologna e che chi sta scrivendo questo pezzo vide dagli spalti.
Dal 1995 dopo quattro allenatori così importanti decide di allenarsi da solo e tutta questa esperienza a breve sarà messa a servizio dei giovanissimi della Riccardi Milano, da fine aprile sarà il tecnico dei Cadetti all’Arena di Milano.
Singolare anche un episodio lontanissimo e che mi narra in terza persona, come fosse conscio che certe giornate segnano la propria vicenda personale ma anche la Storia di uno sport talmente semplice da risultare in realtà complicatissimo: è il 1982, Donati è giovanissimo, fresco campione italiano junior dei 1500 metri, su distanze lunghe vanta solo un discreto 18 chilometri e 800 metri nell’Ora in pista organizzata dalla Road Runners Milano, ma in accordo con il suo allenatore decide di “infilarsi” quasi da clandestino nel ventre della Maratona d’inverno a Monza per effettuare un test sui venti chilometri senza nemmeno curarsi di iscriversi e senza maglia sociale. Sarà poi un giudice zelante a interessarsi della sua presenza a intimargli l’iscrizione, il pettorale gli arriverà già in corsa dopo un inseguimento in bicicletta, pettorale che Donati reggerà in mano per l’intera gara, venti chilometri consumati in un incoraggiante 1’02”35 ma con un consumo di energie che lo segnerà per diversi mesi rallentandogli i miglioramenti attesi. La maratona intera quel giorno fu vinta da Giuseppe Moretti, ma quella fu una giornata di svezzamenti illustri: lo junior calabrese appena arrivato al nord Francesco Panetta corse la mezza maratona dimostrando qualità ed esuberanza, Alberto Cova arrivò brillantemente ai trenta chilometri per saggiare le proprie sensazioni in vista di una carriera da maratoneta che non giungerà mai a compiersi. Anche per Paolo Donati l’approdo alla maratona non arriverà mai. La maratone non l’ha mai attratto veramente, per almeno un paio di ragioni: nel mezzofondo prolungato va tutelata sia la velocità che la resistenza e Donati non ha mai voluto mettere a repentaglio le sensazioni forti della prima, nella preparazione della maratona veniva meno la parte quasi “violenta” propria delle corse in pista o dei cross, la seconda ragione va ricercata in un certo timore per l’usura che l’allenamento e la gara stessa potessero minare la cilindrata del suo motore, e posso mettere tra le spiegazioni della sua longevità agonistica e dei pochissimi infortuni, proprio questa scelta, e la scelta è anche quella di non buttarla senza la prospettiva di un buon risultato. Se sforzo prolungato nel tempo deve essere, allora Donati preferisce scarpinare per ore a stretto contatto con la natura, magari in compagnia del figlio e senza l’assillo del cronometro.
Il 22 luglio 1987 è una data storica per l’atletica mondiale: nel corso del Golden Gala il marocchino Said Aouita in cavalcata solitaria diventa il primo uomo a infrangere il muro dei 13 minuti, Donati in quella magica serata è in pista, sarà sesto all’arrivo, quarantanove secondi dietro, è ai trecento metri finali quando Aouita taglia il traguardo e può voltarsi e vederlo da un punto di vista curioso quell’evento straordinario, da testimone di lusso.
Ma l’anno più importante per Donati sarà il 1994: già solidamente alla corte di Rondelli ottiene due maglie azzurre “pesanti” ai primi campionati europei di cross nel Regno Unito, ai piedi del Castello di Alnwick, splendido maniero che poi diventerà famoso per essere stato utilizzato per le riprese di Harry Potter, e poi in estate agli Europei in pista di Helsinki. Anche Donati ha qualcosa di magico, e la magia continua.
Articolo già uscito sulla rivista Correre
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