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Factory Fattori | 29 Marzo 2023

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DAVID COLGAN, UN RUNNER LAUREATO IN IRONMAN*

DAVID COLGAN, UN RUNNER LAUREATO IN IRONMAN*
Saverio Fattori

David Colgan è uno sportivo a 360 gradi. Prima il ciclismo, poi la corsa, a cui aggiunge il nuoto per

lanciarsi in una delle avventure più estreme: il triathlon full distance. Decidendo (quasi) da solo

come e quando allenarsi.

Avvicinarsi al mondo di David è come arrivare alla bocca di un vulcano. Un vulcano per nulla

dormiente, ma in piena eruzione. La corsa è una parte importante del suo universo sempre in

espansione, è una sorta di punto di arrivo raggiunto relativamente tardi, appena nove anni fa, dopo i

trent’anni e mille esplorazioni.

Da bambino, infatti, sono altri sport a catturarlo, calcio e tennis in primis: del primo però non

apprezza l’ambiente, troppe pressioni inutili, genitori che gridano frasi orrende attaccati alle

recinzioni del campetto; il secondo invece lo affascina a tal punto che David arriva un’ora prima del

previsto a ogni lezione, sembra una dedizione totale. Una cosa è chiara fin dall’infanzia: l’impegno

non lo spaventa affatto e lo sport non sarà mai per lui solo divertimento.

Di padre in figlio

È il ciclismo, però, a catturare David, è il padre Stephan, di origine irlandese, a trasmettergli la

passione; inizia con le prime gimcane e la faccenda si fa maledettamente più seria via via. È uno

sport duro, durissimo, David ricorda il freddo delle prime gare di stagione e molte difficoltà,

problemi di salute, una crescita repentina – quindici centimetri in un anno – che complica l’assetto

fisico, poi le cadute che gli lasciano in dote una placca di titanio nell’orbita destra, a cui seguono

una clavicola frantumata e un omero destro spezzato. Le cose si assestano da under 23, è un buon

gregario, sempre piazzato, anche in manifestazioni internazionali. Il passaggio al professionismo

non arriverà, ma David ha un motore e una determinazione che non andranno disperse. È il padre a

seguirlo in quegli anni, la madre, giornalista de Il Resto del Carlino, la domenica lavora, ma la

mattina alle quattro è lei a preparare la colazione; sono ricordi cari, momenti che David si tiene ben

stretti.

Nuovi e vecchi amori

Spesso quando cicli agonistici si chiudono è la corsa a guadagnare spazio, forse per la facilità di

esecuzione, perché in fondo ha un buon rapporto tempo-benefici, forse perché ci si rende subito

conto che anch’essa richiede impegno e dedizione assoluta, non si improvvisa nulla. Le prime

scarpe serie, David, le comprerà da Vito Melito, da cui riceverà anche i primi preziosi consigli;

trova da solo il legame sottotraccia che lega il ciclismo al podismo: l’impegno costante che

ricordava in salita in bicicletta lo riconosce nella corsa, si tratta di dosare, armonizzare.

Per lavoro viaggia moltissimo e partecipa a maratone importanti: Berlino, Chicago, Tokyo… Senza

una preparazione specifica e scaricando tabelle di allenamento in rete blocca il suo personal best a

2:35. In Brasile nel 2014, proprio durante una trasferta di lavoro, David si imbatte nel vecchio amore: un

agente di zona appassionato triatleta organizza un’uscita ciclistica. Da quelle parti è normale

percorrere le autostrade, le vie secondarie non sono per nulla sicure. Lui, pur stordito dallo stupore

dell’esperienza, prima pedala sessanta chilometri da casello a casello e ritorno, poi istintivamente la

sera corre, affrontando quasi inconsapevolmente il suo primo combinato, che ricorda come una

esperienza terribile, fatta di cattive sensazioni e crampi. E come poteva andare diversamente?

E poi arriva il triathlon

Eppure quello è un giorno importante, un’epifania, la strada verso il triathlon. Ma tra il dire e il fare

c’è di mezzo (davvero) il mare, perché se David trova quasi subito il nesso tra corsa e bici, il nuoto

è un altro mondo. Passi quello in piscina, dove David ha da sempre una buona tecnica e confidenza,

ma le acque libere sono sinonimo di variabili come la paura, l’orientamento, le onde, le correnti, gli

agenti atmosferici, gruppi muscolari come dorsali e braccia in sofferenza. Nel tempo impara a

tenere sotto controllo l’ansia con una condotta di gara regolare che gli consente di uscire dall’acqua

in ritardo sui migliori ma relativamente fresco e senza crampi, tanto da poter contare su un

personale attorno ai settantuno minuti nella mezza e 2:26’ sulla maratona. Tempi che gli hanno

consentito di piazzarsi tredicesimo ai Campionati italiani assoluti di maratona di Reggio Emilia nel

dicembre scorso e di giungere secondo alla Maratona di Bologna del 2021 a fine ottobre, a poco più di un mese dall’Ironman Italy di Cervia.

Numeri in crescita

Sono tanti i successi ottenuti in gare di sola corsa che sembra essere l’asse portante della sua

preparazione e forse la passione più grande. In fase di carico mantiene una media tra 90 e i 110

chilometri settimanali, molti dei quali a fondo lento, mentre il resto, circa un 15%, è dedicato a

variazioni d’intensità e a ritmi medi, predilige lavorare sulla resistenza aerobica. Il mercoledì fa

pista, possono essere sei volte i 1.200 metri o serie di 300 metri a tre minuti a chilometro. Detto

questo David cura per lo più il volume aerobico, dal momento che, quasi subito, dal triathlon

classico è passato all’Ironman e la corsa arriva dopo cinque o sei ore di gara.

A livello agonistico, nel running, ha affrontato e vinto anche ultramaratone come la Terre di Siena e

nel Passatore si è arreso solo al Passo della colla per una indisposizione fisica arrivata a pochi giorni

dalla gara e che ha minato ogni possibilità, ma è solo un obiettivo posticipato che David tiene nel

mirino per i prossimi anni.

Il suo potenziale in prospettiva futura mi dà da pensare… specie se si tiene presente che all’Ironman

di Cervia dello scorso settembre è uscito dall’acqua (infida in quei 3.800 metri) in 800ª posizione,

per ritrovarsi al 20° posto dopo i 180 chilometri di ciclismo e chiudere nono assoluto e primo

italiano al termine della maratona corsa in 2:47’, con tutti i primi racchiusi in un fazzoletto di

minuti.

Autodidatta tra maestri

Nei primi anni David si affida a tecnici come Sergio Contin, allenatore della nazionale italiana di

triathlon ai Giochi olimpici di Rio 2016, poi intraprende una sua via da autodidatta ma senza

smettere mai di documentarsi, di ampliare le proprie conoscenze in materia di endurance; oggi è

tecnico Fitri e segue una trentina di agonisti di livello medio-alto per analisi sui carichi e

distribuzione dei lavori e strategie a lungo termine verso un determinato evento. Nel 2018 si affida a

Orlando Pizzolato per una consulenza specifica nell’approccio al Passatore, arriva a fare uscite di

corsa da settanta chilometri, segue seminari in giro per il mondo e una volta all’anno si avvale di

una verifica con Mark Allen, pluricampione del mondo di triathlon.

Anche sotto l’aspetto alimentare nulla è affidato al caso: dopo essersi rivolto a nutrizionisti ha

cercato un approccio personale, in cui la dieta mediterranea sembra una linea guida, evitando però

glutine e prediligendo grani antichi e pasta integrale. Il bilanciamento è quello classico, con precise

percentuali di carboidrati, proteine e grassi, anche se in certi periodi cerca di forzare la potenza

lipidica. Negli sforzi estremi per durata il meccanismo lipidico è fondamentale: quando il glicogeno

muscolare finisce è impossibile rigenerarlo e non rimangono che i grassi come fonte energetica.

Non di rado David esegue allenamenti duri a stomaco vuoto.

Per esempio il sabato corre 15 chilometri ad alta intensità andando a scaricare i carboidrati e la sera

consuma solo parti proteiche e grassi; la domenica mattina affronta 20 chilometri a stomaco vuoto e

inizia a mangiare un’ora dopo sempre con la stessa modalità: niente carboidrati, stimolando il

consumo di grassi a scopo energetico.

Naturalmente questi “esercizi” non sono da improvvisare, occorre essere seguiti o avere davvero

competenze fuori dal comune e una conoscenza del proprio corpo e delle dinamiche generali

dell’organismo che non si imparano nella rubrica Forse non tutti sanno che della Settimana

enigmistica.

La vittoria alla Bologna Marathon 2023 (Foto di Giancarlo Brunetti)

Sognando le Hawaii

L’obiettivo finale è Kona, l’Ironman Hawaii, il Mondiale della specialità, che si disputerà

nell’ottobre 2022, ma David ha tappe intermedie importanti e ai Campionati italiani di maratona a

Reggio Emilia il 12 dicembre mette a referto un quattordicesimo posto assoluto e un titolo italiano

M40, con il tempo finale 2:28’46”, e con un passaggio tagliato col bisturi alla mezza dove transita

in 1:14’22”, numeri che stanno a indicare una forza e un controllo di altissimo profilo.

La sua è una continua sfida, sperimentazione: a gennaio ha in programma una Sei ore in Maremma

come sfida a livello mentale, poi è tutto un susseguirsi di appuntamenti, esperienze nuove o gare già

rodate, è una vera e propria fame quella che avverto in David Colgan, una bulimia positiva, una

voglia di mettersi alla prova senza pause, non vuole fare passare il tempo, è consapevole del suo

stato di grazia, e che questo è il suo tempo.

(BOX)

Allenamento

La settimana tipo

Lunedì – mattino presto: nuoto; sera: 12 km fondo lento di corsa

Martedì – mattino presto: bici indoor (dalle 7 alle 7.40); sera: 12 km fondo lento

Mercoledì – 12-15 km corsa in pista

Giovedì – mattino presto: nuoto; sera: 12 km Fondo Lento

Venerdì – doppio di corsa di fondo lento (8 km mattino – 8 km sera) o riposo assoluto se stanco

Sabato – Uscita lunga in bici (a seconda del periodo, da 80 km a 200 km) 

Domenica – lungo corsa o combinato. Di solito in rapporto 2:1: due domeniche di lungo corsa (da

20 a 35 km) e una domenica di combinato 100 km + 10/12/15 fino a 25 km

Questa è una settimana di normale preparazione Ironman, un po’ la routine, nel caso venga finalizzata una maratona in un periodo dell’anno fattibile, le uscite a nuoto scendono a due, in bici magari tre, con l’uscita lunga il sabato, e i chilometri di corsa arrivano a 120 e oltre. Per un non professionista credo non sia davvero poca cosa.

p.s. (dalla pagina Instagram di Colgan): Io non sono un Top runner, sono un semi-elite, un amatore veloce, una razza in via di estinzione in questo sport! Sono alto 192 cm, ho quasi 42 anni e peso 78 kg, 5 dei quali di massa muscolare non propedeutica alla corsa ma costruita negli ultimi 10 anni di multisport, peso in eccesso in una disciplina dove la forza elastica e l’estrema leggerezza sono fattori predominanti.  
  
Per correre sotto 3’30”/km, sopra 17 km/h per 42.195 km il mio corpo eroga 405 watt di potenza media, 5,19 watt per chilo di peso, uno sforzo immane, un carico per il quale ho lavorato anni con disciplina e perseveranza, rinunciando a molto.  
  

Articolo già uscito sul mensile Correre

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